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I VOLTI

 

L’artista realizza opere straordinarie che incantano lo spettatore con il loro fascino lunare ed enigmatico.

Le sue creazioni, delicate e al tempo stesso intense, nascono sulla fragile superficie del vetro, che sembra riuscire a catturare l’essenza di ciò che viene rappresentato.

Splendenti volti di donne dagli occhi scintillanti appaiono come corpi celesti distanti e misteriosi, immagini che ammaliano e sembrano prendere vita al chiaro di luna, corpi che nella notte divengono reali, materializzazioni di sogni tridimensionali, che lasciano tracce luminose nella memoria e nel cuore di colui che osserva.

Donne dallo spirito audace e ribelle oppure romantiche sognatrici appaiono come fiori variegati che emanano una stessa energia luminosa.

Sofisticate rose dal profumo inebriante o aggraziate viole dalle sfumature delicate, l’artista ne ritrae l’anima che resta intrappolata nelle tonalità argentate dell’opera come in uno specchio incantato.

Creature maliziose e consapevoli del loro fascino che si mostrano ardite, sguardi intensi e vibranti d’emozione, labbra che si schiudono e sembrano voler sussurrare ardenti parole d’amore o anime più riservate, custodi di dolci segreti e desideri.

Volti eterei avvolti in un’atmosfera onirica che svelano ciò che si cela nelle profondità dell’anima, spiriti che si nutrono di poesia e sublimi passioni o guerriere pronte ad addentar la vita senza timore.

La donna, entità misteriosa, angelo tentatore o salvatrice, sacerdotessa nel tempio dell’amore e della creazione, si svela in tutto il suo splendore nelle opere di un artista che riesce a cogliere l’essenza dell’animo femminile, ad oltrepassare ciò che è tangibile per immortalare quel che è eterno e sfugge agli sguardi.

 

Dott.ssa Leonarda Sabrina Martello

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Recensione all’opera “Ritratto di Giovane Orientale”

 

L’artista ritrae il volto di una giovane donna orientale, un volto misterioso ed enigmatico.

La donna sembra scrutare lo spettatore; lo sguardo intenso e magnetico svela la sua interiorità, i moti nascosti dell’anima.

Il dipinto sembra aver catturato l’anima della donna; ciò che appare non è semplice materia ma qualcosa che sfugge agli sguardi e resta nascosto nelle profondità dell’Io.

Giovane elegante felino pronto a difendersi e a sferrare un attacco a sorpresa, creatura scaltra e audace che sfida colui che la osserva, senza timore, ella sembra voler mettere in guardia lo spettatore, difendere il proprio mondo interiore con decisione.

Il volto, dal fascino lunare ed etereo, rivela la profondità del pensiero; increspature luminose sulla fronte sembrano svelare una sorta di inquietudine e un’ intensa attività cerebrale. L’atteggiamento è austero, composto, ma le narici dilatate e le labbra serrate rivelano uno spirito ardito da combattente.

Dignità e orgoglio, fascino e potere, consapevolezza della propria forza, tutto ciò conferisce alla donna un atteggiamento da regina, sovrana non disposta ad accettare sconfitte o compromessi.

 

 

 

Recensione all’opera “Ritratto Michela Ugolini”

 

L’opera seduce lo sguardo dello spettatore con il suo fascino misterioso e lunare.

L’artista sembra riuscire a cogliere l’anima della donna attraverso un ritratto che sveli la più intima essenza della femminilità.

Immersa in un’atmosfera onirica e atemporale, creatura eterea, non più semplicemente terrena, ella appare in una visione che incanta.

Lo sguardo, intenso e magnetico, rivela un universo interiore intriso di luce e vibrante emozione, un mondo sommerso che emerge in superficie al chiarore di luna.

Colta in un momento di sensuale abbandono, il suo volto risplende, rivelando le misteriose sfumature dell’anima, una miscela di intensa dolcezza, e al tempo stesso, sottile, raffinata forza interiore.

Passioni e desideri ancora celati appaiono sul volto della donna come immagini in una luminosa sfera di cristallo; gli occhi, perle splendenti, e le labbra socchiuse svelano dolci ineffabili segreti.

Il dipinto rivela il nobile fascino della donna, creatura siderea ed enigmatica, “Circe” che attrae con la luminosità del diamante, catturando la “preda” in una tela intessuta da preziosi fili d’argento.

Fulgida visione nella notte, ella sembra sussurrare nel silenzio parole che solo lo sguardo potrà cogliere e in lei l’anima sembra innalzare il proprio canto da sirena, una melodia che sempre risuona nelle profondità del mare e nelle sfere celesti.

 

 

Dott.ssa Leonarda Sabrina Martello

 

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I RITRATTI INTERIORI DI MAURO LACQUA

 

La notte di luna calante scende sui ritratti interiori di Mauro Lacqua, per avvolgerli di una luce argentina, opalescente, ialina, che trascende le vanità terrene, per sublimarle in accenti celestiali. I suoi stupendi Grigi lunari fotografano la realtà effettiva esteriore, con l’occhio magico dello zoom penetrante, il residuo interiore e l’interezza spirituale, in tutte le sue sfaccettature, con il filtro del rilievo psichico, nella rarefazione materia ed il sottile gioco di scambi alchemici, ricambi alcalini, riflessi dorati e riverberi ambrati. L’essenza dell’eterno femminino ed il patos nell’assoluto divenire, in nudi singoli ed in coppia, costituiscono la scoperta della pietra filosofale, che è la sostanza catalizzatrice, il simbolo dell’alchimia, capace di risanare la corruzione della materia, con l’elisir dell’immortalità, fornendo la panacea universale, per qualsiasi malattia, la conoscenza assoluta dell’essere e del non essere, del passato e del futuro, del bene e del male. il tutto è rappresentato dall’effetto del chiaroscuro, dal simbolo del vedo-non-vedo e dalla filosofia dell’intravisto, che apre mente e cuore, corpo e anima, materia e spirito ad od ogni eventuale evenienza possibile ed immaginabile.

 

Gianni Latronico – Pittore, Poeta e Critico d’Arte

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I rilievi più intimi dell’anima si snodano nelle opere di questo abile artista. La serie “Gli archetipi” non sono né pittura né scultura, ma rappresentano un sondare nelle pieghe dell’inconscio e allo stesso tempo si snodano nel contesto, quasi come fossero suggestive immagini collettive. Garze, muti tessuti che acquisiscono voce poiché plasmati intensamente dalla sapiente mano che li intinge di cemento e colla e le stende sul supporto. Come sosteneva Karl Gustav Jung « Nessun archetipo è riducibile a semplici formule. L'archetipo è come un vaso che non si può svuotare né riempire mai completamente. In sé, esiste solo in potenza, e quando prende forma in una determinata materia, non è più lo stesso di prima. Esso persiste attraverso i millenni ed esige tuttavia sempre nuove interpretazioni. Gli archetipi sono elementi incrollabili dell'inconscio, ma cambiano forma continuamente». “I fiori” sono dominati, seppur con significato diverso, da analoghi materiali, che nei loro addensamenti si connotano di fulgide colorazioni. Le macchie degli “Acquarelli Steineriani” danno vita a molteplici forme, dove l’occhio si disperde e dilaga nel fluttuare dell’inconscio. La ricerca di Mauro Lacqua è infinita, egli investiga i luoghi in cui vive e l’umano che abita il mondo. Intensa la serie “Profonde cicatrici” che egli stesso così definisce: «Ho visualizzato l'immagine molto bella di un corpo di donna segnato da profondi tagli e poi in qualche modo ricucito, cercando di suturare le ferite che dal cuore e dall'anima lasciano il segno fino alla superficie. L’impulso di cucire quelle ferite, un'esigenza forte, molto intima, come ad urlare con la forza dell'immagine la sofferenza che lacera». In questo caso magmatiche stratificazioni abitano il supporto: la risultante che ne deriva è pregna di significato emotivo. La sofferenza tuttavia non uccide la femminilità che trapela dalle pieghe del dolore. Interessanti anche le opere monocrome create con grigi lunari su retro di vetro, da cui ne scaturisce un’aulica opalescenza dovuta alla rifrazione della luce e al suo compenetrarsi tra le armoniche ombre. Mauro Lacqua è molto più che un artista, è un genio della sperimentazione.

 

Paola Simona Tesio - critico d’arte, giornalista e critico letterario

 

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PREFAZIONE al libro di Michela Moreschini e Mauro Lacqua

“Perché ancora indugi sulla mia porta?”

 

Gli acquarelli di Mauro Lacqua, intensi e forti, misteriosi ed inquieti, ci appaiono come le emozioni della vita. Le emozioni che ci accompagnano e ci colpiscono, ci scuotono e ci investono con intensità lasciandoci spesso sgomenti nel tentativo di giungere ad una loro lettura che sia significante e perciò rassicurante.

Decifrare e leggere la parte intima di noi stessi e acquisire un’alfabetizzazione emotiva è il tentativo costante e instancabile dell’artista. Dare una forma a qualcosa che forma non ha, come le opere di Mauro, è in fondo l’operazione quotidiana che ognuno di noi mette in atto nel tentativo di leggere la realtà emotiva e la vita stessa.

Questo passaggio da qualcosa di destrutturato a strutturato, da ignoto a conosciuto, da inquietante e spaventoso a integrato nella nostra mente, è reso ancora più evidente dall’accostamento alle opere di Mauro delle poesie di Michela Moreschini.

Michela mette in luce attraverso una lettura intima dei quadri di Mauro, il senso delle emozioni che la vista delle opere dell’artista ci suscitano. E’ una lettura resa possibile attraverso passaggi animistici e profondamente intimi e personali.

Un colore diventa allora una parola e un acquarello l’ispirazione di un pensiero poetico. Come se qualcosa appartenente all’inconscio si materializzasse in poesie e dunque potesse essere reso accessibile alla dimensione della coscienza.

Qualcosa di non verbalizzabile, disponibile solo a livello sensoriale, diventa leggibile e compreso attraverso l’ispirazione di Michela.

Ma può accadere anche l’inverso e cioè che le parole, la dimensione verbale della poesia, possa

“de-strutturarsi” in un’emozione e diventare tripudio di colore. La realtà adesso diventa quella non verbale, trasferita nelle opere di Mauro, nei suoi acquarelli.

Mauro ci parla con un linguaggio più viscerale, più ancestrale, più universale. Non sono le parole ora a dar significato, ma i colori.

Un completamento che possiamo trovare nelle opere di questi due artisti, di una dimensione psichica che attraversa il verbale e non verbale, inconscia e conscia, sensoriale e percettiva, e che giunge ad una rappresentazione metaforica dove il linguaggio delle emozioni è quello attraverso il quale noi possiamo dare un senso alla nostra vita.

 

Maurizio Brescello - Psicologo

 

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L’arte è una passione che nasce nell’infanzia e prosegue passando dagli insegnamenti di Mimmo Canonico a quelli di Monica Anselmi. Mauro Lacqua oscilla con eleganza tra figurazione e astrazione, sperimentando materie e tecniche diverse, come l’acquarello e la pittura su vetro. I suoi ritratti di donna sono fulminee apparizioni lunari dell’essenza del femminino. I colori sono quelli del ghiaccio: azzurri, blu, bianchi e grigi, come se i volti bellissimi fossero intrappolati nella lastra di un iceberg. In realtà si tratta di vetro, che allude alla trasparenza e ai giochi di riflesso del ghiaccio. Le pose sono sempre da diva: sensuali e ammiccanti, sicure di sé, mai volgari, anche nel nudo, ma raffinate e aggraziate. Algide icone della bellezza. Archetipi. Proprio Il titolo Archetipi porta una serie di opere recenti. Vortici di materiali grezzi e voluminosi, come cemento e garze, in un incontro tra pittura e scultura. Ogni piega è un mondo, dove ciascuno può trovare un suo personale tesoro, scovare un tesoro lontano, che sembrava dimenticato, far riaffiorare sogni e memorie. Il colore, evocativo, suggerisce la dimensione in cui ci troviamo, malinconica con gli azzurri, più allegra o passionale ed intensa con i gialli e i rossi.

 

Vera Agosti – critica e curatrice di mostre d’arte contemporanea

 

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LA SCULTOPITTURA DINAMICA DI MAURO LACQUA

 

L’acqua chiara, fresca e dolce di laghi, fiumi e ruscelli; l’acqua nera, verde, azzurra di oceani, mari e cascate confluiscono nelle plaghe candide, sulle tavole blu, nelle vallate in fiore di Mauro Lacqua, per esprimere la ricchezza dell’oro bianco nella sua scultopittura individuale e spirituale.

Rubini, smeraldi e diamanti del suo tessuto connettivo; giada, onici e resine del suo cemento armato; losanghe, prismi e rilievi dei suoi colori acrilici e delle sue garze grasse formano il massetto materico, lo spessore poliedrico ed i ritratti interiori del dinamismo personale, collettivo e cosmico.

Ricorrendo agli elementi delle sensazioni visive, il Nostro si esprime nella natura naturata della realtà effettuale esterna e nella natura naturans di segni, volumi e forme interne, che sottendono l’alma architettura naturale, dell’ambiente circostante, dello spirito commosso e dell’anima sognante.

I gesti della mano ispirata e i movimenti della spatola veloce seguono la fibrillazione cardiaca, l’emozione pulsante e l’estro incessante, che gli permettono di superare gli ostacoli della materia grigia, in palpiti d’infinito, respiri d’assoluto, ansie d’immortalità, allo stato puro ed a livello universale.

Mauro Lacqua ha la facoltà di cogliere nel segno la mirabile visione globale, il suo innato talento artistico e di farne veri propri capolavori con la sua scaltra abilità tecnica, espressa in acquarelli steineriani, omaggi floreali, archetipi prototipi, tratti verisimiglianti, tempe scoscese e ferite profonde.

La catarsi artistica eleva alle egregie cose della terza dimensione la materia prima e grigia, il disegno ornato e geometrico, il quadro figurativo ed informale nel tripudio del caleidoscopio cromatico e nel folgorio del settimo splendore, con una vena di malinconia, tra il sacro ed il profano.

Gianni Latronico – Pittore, Poeta e Critico d’Arte

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L’ARCHETIPO INTERIORE

 

L’archetipo materico di Mauro Lacqua non è una scultura dipinta, una pittura scolpita, un quadro modellato; ma uno scosceso rilievo interiore, che parte dalle profondità abissali dell’anima; si espande sulla tela e s’irradia fino ai margini, invadendo il campo visivo del fruitore.

Questi è disorientato e sconvolto, di fronte ai tratturi erbosi, agli anfratti rugosi, agli scorci argillosi, ai piazzali erbosi dell’intricato tessuto connettivo esterno, del dedalico labirinto in superficie e del profondo significato interno che, dopo un istante d’incertezza iniziale, comincia a toccare con mano.

È solo un attimo: da quel momento, il residuo psichico, fatto di nera zavorra e di pietre preziose, lo pervade di un’ebbrezza intima, di una scossa sismica, di un delirio tremens e l’effetto mediatico s’impadronisce di lui, senza più dargli via di scampo, per una via d’uscita.

Ogni attento osservatore si immette nell’opera d’arte di turno di Mauro Lacqua e scopre un mondo diverso dal terreno, ma parallelo al nostro, molto migliore, per la sua verdicità, beltà ed irresistibile avvenenza fisica e morale, umana e divina.

La suggestione gli agevola il passaggio dalla durezza della materia ostica alla leggerezza dello spirito lieve, dalla crudeltà del mondo reale al candore di quello informale, dalla catarsi artistica all’estasi estetica, all’iter mediatico di transfert dinamico.

Queste mirabili fantasie poetiche, oniriche, elegiache elevano alle idee pure dell’inclito Iperuranio, al settimo splendore del celestiale Empireo, alla poesia lirica dell’alto Elicona, in un’atmosfera rarefatta, con una luce diafana, in un’infinita grazia divina.

Qui, le cicatrici, gli anfratti, le rughe perdono il peso della materia prima, grigia e deprimente, per salire alla nuova dimensione degli dei immortali, al nuovo corso dell’arte vera, alla nuova categoria dell’etica universale, per aprire un nuovo capitolo nella Storia dellarte contemporanea.

Chi semina nel cupo dolore miete nella gioia piena e Mauro Lacqua ha dovuto soffrire molto nella vita reale, con un’esistenza tormentata ed una meditazione continua, per trasformare il male in bene, il brutto in bello, l’inferno in paradiso terrestre.

 

Gianni Latronico – Pittore, Poeta e Critico d’Arte

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Mauro Lacqua non ama essere definito un artista, un pò come tutti i creativi intimiditi dal loro stesso successo e figli di un percorso di  formazione progressivo e appassionante, più che della semplice inventiva del momento.

Le sue opere spaziano dal tema dei fiori, metafora della natura gravida di spontanea perfezione, ai ritratti di corpi e volti femminili, da sempre impetuosa sorgente d'ispirazione per l'immaginario maschile, passando per quelle tele che lui stesso definisce Archetipi, rimandando la mente alle forme originali che permettono alla memoria collettiva di ricordare e tramandare i principi generali del mondo.

 

Quello che più colpisce di questo caparbio pittore classe 1966 originario di Milano e oggi attivo tra il capoluogo meneghino e Pavia, è l'utilizzo dei materiali più disparati nelle sue espressioni artistiche: quasi mai semplici tele, molto spesso tavole o canvas ricoperti di garze e piccoli stracci imbevuti prima nel cemento e poi lasciati solidificare. O ancora vetro o pet, a seconda dell'impatto sullo spettatore che si vuole generare e delle caratteristiche del colore.

 

Mauro ha esposto i suoi lavori durante numerosi eventi di prestigio che l'hanno portato a viaggiare tra Pechino, Parigi, Lisbona ed una miriade di piccole e grandi città italiane, dove la critica l'ha sempre accolto con caldo entusiasmo.

Alcuni dei suoi quadri più affascinanti sono ritratti su fondo di vetro di diverse, bellissime donne colte nell'acme della loro espressività. Al profilo pensieroso di Ylenia, si alterna lo sguardo vitreo di Yara che inarca il dorso per mettere in risalto il fondo schiena, suscitando quasi imbarazzo per la sensualità del suo corpo e l'indifferenza del suo volto. Poi ancora la naturalezza malinconica di Francesca e la procacità de La Cocca. Sono tutti paesaggi umani distinti, curve e fisionomie in cui riconoscersi oppure perdersi incantati per il puro piacere di guardare senza essere guardati. Lacqua non ricorre al colore per far vivere le sue pallide guance o i solchi, quasi ferite, delle sue soffici ma statuarie bellezze , preferisce superfici piene e buie come la notte in cui far rilucere i soggetti sinuosi e decisi, quasi fosse un baleno interno a quei corpi ad irrompere sulla scena e non un bagliore proiettato volutamente su di essi. Un candore lunare che genera distanza tra l'osservatore eccitato e l'oggetto freddo del suo desiderio, nonostante il forte coinvolgimento emozionale che fa da fil rouge al corpus di opere nel suo complesso.

 

Indira Fassioni – fondatrice progetto Rosaspinto

 

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…l’immagine diviene via via più frastagliata nella pittura materica di Mauro Lacqua con un metodo pittorico in grado di rivelare la carica erotica della donna, proiettando un’intensa luminosità sul corpo, emergente da uno scenario particolarmente caliginoso.

 

Sabrina Falzone - Critico e Storico dell’Arte

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Corpi materici, pastosi e grezzi, segnati da profonde cicatrici metaforiche. Sono i solchi nei fondi di caffè, principale materia prima di questo inquieto collante, che con l’olio e il silicone riesce a non sgretolarsi, ma rimane vivo e denso di indecifrabile concretezza. Le ferite dell’anima diventano apertamente visibili e concrete, alcune aperte e sanguinanti, altre che si curano e rammendano con ago e filo, da cui le evidenti cuciture che emergono come dettagli del dolore sulla pelle delle donne  ritratte.

 

Vera Agosti – critica e curatrice di mostre d’arte contemporanea

 

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Fa riflettere l’incontro con le opere di Mauro Lacqua: una siluette di donna che si copre il viso con un braccio ed ha il corpo segnato da fenditure profonde. Colori spalmati quasi in monocromia, molto intensi, tono su tono a copertura totale del quadro.

La lettura dei quadri di Mauro Lacqua diventa improvvisamente semplice. I sentimenti lineari, appaiono coerenti ad un sentire profondo delle sofferenze e ad una grande forza verso la vita.

La figura femminile viene più volte riproposta e dà sensazioni simili, ma diverse per intensità. E’ lo stato d’animo che propone all’infinito lo scorrere della visione ed è la capacità del grande artista che la ferma.

Le ferite a taglio profondo, o più estese a cracklè (la lacerazione), lasciano intravedere una cucitura con filo (elemento ottimistico), mentre la linea di contorno della figura è ben marcata e pura (il radicamento della donna amata). Grande armonia d’insieme e colori caldi, accattivanti verso il loro dire pittorico.

 

Valter Fabbri – giornalista e critico d’arte

 

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…il fiore ha come un miele che inebria l’aria; un suo vapor che

bagna l’anima d’un oblìo dolce e crudele

(Digitale Purpurea, Pascoli)

 

Una sensualità celata da garze e stracci. Una leggera vibrazione di colore. Sembra di sentire il respiro corto e dolcemente sofferto di alcune poesie pascoliane. Un Gelsomino notturno che si dischiude in gesso e cemento, una Digitale purpurea il cui profumo si intuisce da lontani lamenti. Veli di materia trasparente su fiori e cicatrici che pulsano, magicamente intrappolati dalla sostanza del tempo, del ricordo, di una bellezza soffusa. C’è una passione nostalgica, a tratti irruenta, a seconda che si tratti di quadri i cui contorni siano definiti in quelli di soggetti reali, come i fiori, evocativi di atmosfere crepuscolari, o di opere in cui il cuore dell’artista si addentra in una rabbia bruciante, a disfare ogni profilo. Stropicciati di fuoco e aperti come ferite. Un andamento pittorico silenziosamente contraddittorio, che potrebbe svelare gli indomabili movimenti psichici. Cristalli floreali protetti da un sapore eterno, alternati a squarci di vivido rosso.

 

Viola Lilith Russi - critica e curatrice di mostre d’arte contemporanea

 

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Mauro per il suo spessore intellettuale supera e varca i confini e i limiti del suo tempo.

Dotato di una pregevole e sicura capacità grafica, riesce a plasmare la materia col suo pensiero, a trasferire in essa la sua interiorità dinamica e creativa e a mettere a nudo una personalità sensibile, ma fortemente evoluta, dove non trovano spazio abitudini mentali statiche e teorie superate.

La raffigurazione grafica tradizionale del reale che in passato gli è servita per l’osservazione attenta della realtà, per l’apprendimento delle tecniche della pittura e per l’approccio al colore, oggi è trasfigurata da una visione più originale, più vicina al suo temperamento. Ha maturato un diverso modo di rappresentare il vissuto, di uscire da quei luoghi comuni che spesso banalizzano un’opera pittorica e che si allineano al pensiero della massa anonima e ripetitiva.

Mauro ha trovato una strada nuova per uscire dal quotidiano. Ha adottato una tecnica diversa, utilizzando materiali semplici come garze, pezze sottili che imbevute di cemento e applicate su tela preparata seguono le mani esperte dell’artista, fino ad assumere le forme che egli desidera dare all’oggetto preso in esame.

La realizzazione dell’opera non segue uno stereotipo comune, segue invece un impulso che provenendo dal profondo dell’essenza emotiva dell’autore e quindi da fonte spirituale e da masse di energia ribollenti nell’intimo, generano, altresì, essenze di colore, di forme, di movimenti, di contrasti.

La rosa non è un limite nello spazio, ma un infinito nello spazio stesso, un illimitato e la sua espansione non radica in un contenitore qualsiasi, ma dirama oltre la tela, oltre lo stesso concetto di determinazione, di limitatezza.

Da questa fuga oltre l’astratto emerge il cuore della raffigurazione, l’intima essenza dello stesso concetto dell’esistere, del regno dove dominano le interiorità di quel fiore, la ragione del suo essere: respiro, dinamismo, potenza interiore.

L’opera non presenta mai l’aspetto esterno dell’oggetto, ma la struttura del suo “Io”.

Come Mauro sia giunto all’elaborazione del suo pensiero è facile intuirlo.

Il vero artista si stacca dalla logica della massa che vuole capire, senza porsi degli interrogativi, che si accontenta di modelli semplici e strutturati.

Egli cura il prodotto più affine al suo temperamento, alla sua sensibilità, ha una visione fisica e metafisica del reale che spesso sprofonda nella ricerca spasmodica di una verità universale, di un linguaggio pittorico più intimo, più confidenziale.

L’originalità di un’opera d’arte si misura attraverso i parametri della sensibilità soggettiva, della consapevolezza che viaggiando virtualmente dentro se stessi si può scoprire un mondo diverso, nuovo e straordinario.

Nelle opere pittoriche di Mauro esiste questa tormentosa, dolorosa e affannosa ricerca, perché nel creare egli non risparmia né le sue forze fisiche, né le sue ricchezze spirituali, come se nella sua azione emergesse lo stesso impulso divino che ha dato origine alla nascita dell’universo.

Osservando un dipinto di Mauro si ha infatti la sensazione che la materia compia gli stessi atti della sua nascita primordiale: l’evolversi, l’espansione, la dinamicità, la corposità, la plasticità. Tele di grandi proporzioni che nulla contengono se non lo strumento della metamorfosi strutturale della vita che, una volta abbandonata la materia, si libera nello spazio infinito priva di vincoli, di schemi precostituiti, originando sensazioni ed emozioni profonde.

 

Maria Giovanna Casu – scrittrice, poetessa e critica d’arte

 

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La sperimentazione artistica nella tecnica dell’acquerello diparte dalle funzioni cromatiche che l’artista conferisce alle sue emozioni, ai soggetti illuminanti, ai giochi tra verità velate ed oniriche rappresentazioni.

La ricerca dell’artista, pregna di toni antroposofici, rievoca emozioni sulla coscienza storica di matrice steineriana, e ripropone quesiti di carattere introspettivo, introducendo retouché di esperienze vissute ravvisabili nei circoscritti ed espansi movimenti del colore.

Memorie kandinskiane rilevano dai flutti vivaci con colorazioni astratte, e dai soggetti emergenti nei ritagli dimensionali spazio – tempo.

Si comprende, pertanto, come l’artista renda esistenziale ogni traccia decorativa in un universo dove nulla è lasciato al caso, dove l’apparente vaniloquio cromatico suscita informazioni comprensibili all’astante, esercitando un divenire musicale, ora grave, ora dolce, sulle gradazioni policrome.

Il colore riveste un ruolo di poeta, interprete e nunzio dell’indistruttibilità dell’anima, in sintonia con la tradizione del primo novecento avanguardista.

Il blu e il giallo, rispettivamente il cielo e la terra, seguendo la lezione dei maestri teorici dell’astrattismo, rivelano percezioni interiori di antiche energie naturali, ed ancora l’interpretazione di profonde forze centrifughe; il verde, emblematico nei suoi caratteri, interpreta il dinamismo spirituale e tensione artistica, con benefico valore per l’individuo.

L’artista tenta così di liberarsi dei limiti fisici, sovrapponendo atmosfere spirituali e tonalità cromatiche affiancate da empirici vissuti: egli non si cura di stabilire contatti concreti tra le forme, e predilige che siano le forme medesime a dettare i movimenti astratti delle sue composizioni.

Gli acquerelli di Mauro Lacqua manifestano devozione all’estetica, concepita come sintesi astratta di un’incessante ricerca che protende alla conoscenza del sensibile nell’arte; l’artista, attraverso l’intersecarsi di forme, talvolta, muove sensazioni verso l’astante o si allontana da esso, ampliando lo spazio della superficie piana attraverso un corretto uso del colore.

Armonia nelle dimensioni, simboli nelle forme e quasi geroglifici nei colori, raccontano significative esperienze tradotte al ritmo di conversazioni sinfoniche. Lo spettatore, nella contemplazione delle opere, esiste in un rapporto esteriore richiamando una partecipazione scenica, e interagisce con dialoghi fiabeschi nell’attesa di una morale soggettiva.

 

Matteo Arcodia Fonseca - critico d’arte

 

 

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